È curioso come una parte di questo mitile sia molto antiestetica ma di fatto abbia un potenziale sensazionale, basti pensare all’utilizzo che l’uomo ne faceva nell’antichità.

Il bisso, non è altro che il caratteristico intreccio di filamenti che fuoriesce dalle valve della cozza e che permette al mollusco di mantenersi ancorato a qualsiasi superficie, resistendo alla potenze delle onde e delle correnti marine.

La caratteristica straordinaria del materiale di cui è composto il bisso è l’ingegnosa proporzione tra la parte elastica e parte rigida.

Dal bisso si ricavavano i pregiati tessuti, morbidi al tatto e dal colore bruno-dorato, che vestivano le personalità più influenti e ricche delle società babilonese, assira, fenicia, greca, ebraica e romana. 

La più antica traccia della pregiata seta marina è stata rinvenuta in uno scavo archeologico dell’attuale Budapest ma poi andata distrutta durante i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale.
Il ritrovamento risale al IV secolo e al microscopio è stato possibile riconoscere le fibre di bisso proveniente da esemplari di mitili “Pinna nobilis”.


Fino al 1900 il bisso veniva lavorato nella provincia di Taranto, in Puglia, e in Sardegna.
Oggi purtroppo la lavorazione di questo tessuto è diminuita significativamente: rimangono solo poche attività artigianali in Sardegna, nelle aree di Sant’Antioco, Cussorgia e Casaletta, che portano avanti questa antica, laboriosa e affascinante tradizione.