I MODI DI DIRE

In Italia, nell’immaginario comune, l’espressione “sei una cozza!”, usata esclusivamente al femminile, assume una connotazione negativa.

A seconda del contesto in cui viene utilizzata può rappresentare un’attitudine personale al voler essere troppo presenti, in maniera pesante nella vita di altre persone, oppure è tentativo di offesa riguardo l’aspetto fisico.

Eppure le cozze con loro forma ovale, leggermente irregolare, la superficie liscia, il colore nero carbone hanno un’estetica quasi elegante, che nonostante non risponda ai canoni di bellezza classici, spiccano e si distinguono rispetto a tutti gli altri molluschi.

Il sapore del mollusco racchiuso all’interno delle due conchiglie, delicato o intenso ricorda il mare, riesce a spiccare in ogni occasione, dal semplice abbinamento con limone e prezzemolo a un piatto un po’ più elaborato con sugo di pomodoro, spaghetti allo scoglio o in una panatura croccante!

Così l’espressione “sei una cozza”, sotto punti di vista lontani dai canoni abituali nasconde un complimento: l’eleganza e la prelibatezza.

IL BISSO

È curioso come una parte di questo mitile sia molto antiestetica ma di fatto abbia un potenziale sensazionale, basti pensare all’utilizzo che l’uomo ne faceva nell’antichità.

Il bisso, non è altro che il caratteristico intreccio di filamenti che fuoriesce dalle valve della cozza e che permette al mollusco di mantenersi ancorato a qualsiasi superficie, resistendo alla potenze delle onde e delle correnti marine.

La caratteristica straordinaria del materiale di cui è composto il bisso è l’ingegnosa proporzione tra la parte elastica e parte rigida.

Dal bisso si ricavavano i pregiati tessuti, morbidi al tatto e dal colore bruno-dorato, che vestivano le personalità più influenti e ricche delle società babilonese, assira, fenicia, greca, ebraica e romana.

La più antica traccia della pregiata seta marina è stata rinvenuta in uno scavo archeologico dell’attuale Budapest ma poi andata distrutta durante i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale.
Il ritrovamento risale al IV secolo e al microscopio è stato possibile riconoscere le fibre di bisso proveniente da esemplari di mitili “Pinna nobilis”.

Fino al 1900 il bisso veniva lavorato nella provincia di Taranto, in Puglia, e in Sardegna.
Oggi purtroppo la lavorazione di questo tessuto è diminuita significativamente: rimangono solo poche attività artigianali in Sardegna, nelle aree di Sant’Antioco, Cussorgia e Casaletta, che portano avanti questa antica, laboriosa e affascinante tradizione.